Storia del cavallo: da preda fino a diventare amico dell’uomo
Una relazione nata dalla necessità e cresciuta attraverso i secoli
Il ruolo del cavallo tra cacciatori e civiltà antiche
La storia del cavallo inizia come rapporto di predazione, quando l’uomo preistorico cacciava i cavalli selvaggi per nutrirsi. Nell’era glaciale, l’uomo utilizzava metodi collettivi, spingendo i branchi verso precipizi per facilitare la caccia, come illustrato nelle pitture rupestri di Lascaux e Altamira. Queste testimonianze ci danno un vivido quadro della vita primitiva e ci ricordano il ruolo fondamentale dei cavalli come fonte di cibo per le prime comunità umane. È stato solo alla fine del Neolitico, tra i 6000 e i 5000 anni fa, che il rapporto tra uomo e cavallo ha iniziato a trasformarsi profondamente, segnando un nuovo capitolo nella storia.
Con l’addomesticamento, il cavallo divenne una risorsa vitale. I primi responsabili di questo processo furono probabilmente i popoli nomadi delle aree attorno al Mar Caspio e al Mar Nero, che, dopo aver addomesticato pecore, capre e renne, rivolsero l’attenzione ai cavalli. In queste zone aride e steppose, i cavalli risultavano particolarmente adatti alla vita dura, in grado di procacciarsi cibo senza migrare come le renne.
La storia del cavallo prosegue, poiché i nomadi iniziarono a utilizzarlo per trasportare carichi, per muovere i propri insediamenti, e persino per produrre alimenti come il kumis, una bevanda fermentata dal latte di cavalla. Queste pratiche sono ancora oggi parte della vita delle popolazioni nomadi delle steppe asiatiche.
Dal trasporto, all’uso militare fino all’immaginario mitologico
L’importanza del cavallo crebbe ulteriormente quando le comunità umane iniziarono a montarlo per facilitarne la conduzione delle mandrie. Nelle montagne, l’uomo non aveva alternative: questo era l’unico mezzo di trasporto efficace, malgrado la sua statura ridotta. Sulle pianure, invece, i cavalli furono impiegati nel traino dei carri, aumentando la mobilità delle comunità e ampliando le possibilità di controllo territoriale.
La storia ci racconta di come questi animali divennero indispensabili in Mesopotamia già nel 3500 a.C., dove si iniziarono a usare le ruote piene per i carri, e in Egitto, dove nel 1600 a.C. vennero introdotte le ruote a raggi, migliorando ulteriormente la velocità e l’efficienza dei trasporti.
Con l’avvento dell’agricoltura, i cavalli iniziarono a ricevere un’alimentazione migliore, e l’incrocio selettivo portò allo sviluppo di animali più robusti e veloci. Questo miglioramento li rese ideali per le battaglie e le competizioni sportive. Durante l’era precristiana, il cavallo divenne anche una figura sacra, celebrata nella mitologia e nei rituali religiosi.
La storia del cavallo si intreccia così con la cultura: nell’antica Grecia, Marte veniva rappresentato su un carro trainato da cavalli bianchi, mentre Demetra era raffigurata con una testa di giumenta. Anche per i mongoli, i cavalli furono fondamentali: al comando di Gengis Khan, i nomadi delle steppe asiatiche costruirono un impero in groppa ai loro pony.
Il cavallo come simbolo di cultura e potere
La storia del cavallo ha lasciato un’impronta duratura anche nelle civiltà che, grazie alla sua velocità e capacità di trasporto, riuscirono a stabilire grandi imperi.
Possedere un cavallo era sinonimo di prestigio e mobilità, garantendo a molte popolazioni l’opportunità di sviluppare e diffondere la loro cultura. Anche se la potenza dei nomadi asiatici si disgregò con la morte di Gengis Khan, altre civiltà, come quella romana e greca, continuarono a considerare il cavallo non solo un mezzo di trasporto, ma una parte fondamentale della vita quotidiana e militare.
La storia del cavallo racconta così l’evoluzione di un animale che è passato dall’essere cacciato nelle pianure ad essere compagno indispensabile dell’uomo. Ancora oggi, la sua figura suscita rispetto e ammirazione, unendo epoche e culture diverse in un legame che continua a rinnovarsi.
A. Ceserani
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