ll cavallo nell’arte, antichità e mitologia
Il fascino del cavallo nell’arte
La rappresentazione del cavallo nell’arte ha una lunga e significativa storia che affonda le radici nell’antichità e nella mitologia. Questi animali, presenti nelle opere d’arte greche e romane, hanno assunto un ruolo chiave nel corso dei secoli, fungendo sia da mezzi di trasporto che da potenti simboli di forza e potere.
La Statua del Cavaliere Rampante
Nell’arte greca e romana, i cavalli sono spesso raffigurati in contesti di battaglia o come creature mitologiche, come il celebre cavallo alato Pegaso. Le opere d’arte che li ritraggono sono varie, spaziando dalle sculture ai vasi dipinti. Un esempio noto di questa rappresentazione è la statua del “Cavaliere Rampante” dell’antica Grecia, attribuita al maestro scultore Lisippo, attivo nel IV secolo a.C.
Lisippo si distingueva per uno stile più naturalistico e dinamico rispetto alle sculture precedenti. La statua del Cavaliere Rampante, una delle sue opere più celebri, raffigura un giovane guerriero a cavallo con una postura dinamica e audace. Il cavallo è in posizione di carica, mentre il cavaliere sembra sfidare la gravità, quasi emergendo da una corsa. La sua postura, con il corpo piegato all’indietro e il braccio teso in avanti, conferisce un senso di movimento e potenza.
Il geografo Pausania
Per ottenere ulteriori dettagli sulla statua, ci rivolgiamo alle descrizioni di Pausania, un geografo e scrittore greco del II secolo d.C., che fornisce dettagliate descrizioni di opere d’arte e monumenti greci nelle sue “Descrizioni della Grecia“. Nonostante le informazioni di Pausania sul Cavaliere Rampante siano giunte a noi in modo incompleto, altre fonti letterarie come Plinio il Vecchio o Luciano di Samosata potrebbero contenere dettagli o contestualizzazioni aggiuntive sulla scultura e sul suo contesto storico.
L’interpretazione dell’opera del Cavaliere Rampante suggerisce spesso che essa simboleggi abilità e dominio della natura, oltre a rappresentare la connessione tra l’uomo e il cavallo. La postura ardita e l’espressione determinata del cavaliere riflettono la fiducia e la forza dell’antica cultura greca, in cui il rapporto con il cavallo giocava un ruolo cruciale nella vita quotidiana e nelle attività belliche. La considerazione dell’importanza del cavallo anche nella mitologia greca, come evidenziato nelle epopee come l’Iliade e l’Odissea, contribuisce a contestualizzare ulteriormente il significato dell’opera nel contesto delle gesta eroiche e delle battaglie epiche.
Ricostruzione
La parte della ricostruzione della statua del Cavaliere Rampante è un aspetto affascinante e intricato, guidato dall’acume di Humfrey Payne. Questa ricostruzione è stata resa possibile non solo grazie all’analisi stilistica, ma anche attraverso l’attenzione ai dettagli delle fratture presenti sia sulla testa musealizzata a Parigi, nota come la “Testa Rampin,” che sul corpo frammentario, trovato ad Atene.
Humfrey Payne, uno studioso e restauratore, ha applicato le sue competenze per unire le parti spezzate della statua. La scelta di Payne di ricongiungere la testa e il corpo è stata basata su una combinazione di fattori, tra cui la corrispondenza stilistica tra le due parti e le caratteristiche delle fratture stesse. L’analisi dettagliata delle fratture è stata cruciale, poiché le caratteristiche specifiche delle lesioni potevano essere confrontate in modo accurato.
Non è un compito immediato ricreare un’opera d’arte frammentaria, e il processo richiede molto tempo, oltre che un lavoro attento e meticoloso. In questo caso, l’intuizione e l’esperienza di Payne hanno svolto un ruolo chiave nel determinare la corretta posizione e l’allineamento delle parti. La natura precisa della frattura sulla testa e sul corpo ha fornito indizi cruciali su come le due parti potessero essere originariamente collegate.
Descrizione del cavaliere Rampante
Minute sfere compongono la barba e i riccioli simmetrici che si dividono sulla fronte e ricadono sulle tempie. Sfere leggermente più grosse formano, invece, il resto della capigliatura, che scende fino a metà del collo in eleganti trecce.
L’opera, datata al 550 a.C., è la più antica statua equestre di cui si ha conoscenza (la tipologia scultorea dell’uomo a cavallo avrà una lunga tradizione in età romana e nelle epoche successive). Del cavallo si conservano solo parti del collo e della criniera, mentre il cavaliere è privo di braccia e gambe. Il corpo presenta una leggera torsione, resa maggiormente percettibile dalla testa piegata verso sinistra, che cattura lo sguardo dell’osservatore.
È infatti nella resa della testa che l’artista ha concentrato le proprie abilità, dando vita a un insieme di assoluta perfezione e di equilibrio tra i minuscoli elementi circolari che formano riccioli e trecce e le linee distese del volto, che mostra il tipico “sorriso arcaico“. Una corona di foglie cinge il capo del giovane cavaliere, forse premio dei giochi dell’Istmo o di Nemea, dove i vincitori venivano coronati con foglie di quercia come quelle riprodotte in questa statua.
FONTI: Jean Charbonneaux, Roland Martin; François Villard, La Grecia arcaica : (620-480 a.C.), Milano, Rizzoli, 1978. ISBN non esistente; dBOOK.IT; L’ equitazione nella Grecia Antica. Cavalli e cavalieri nella poesia greca dall’arcaismo al tardo antico vol.2 – Aracne
Approfondimenti
© Riproduzione riservata.