La medicina rigenerativa, un’area di grande interesse.
La medicina rigenerativa si prefigge l’obiettivo di promuovera la cura di tessuti o organi le cui funzionalità sono state compromesse da malattie, difetti congeniti, traumi o danni dovuti ad invecchiamento.
In concomitanza con un sempre crescente attaccamento nei confronti degli animali da affezione, negli ultimi anni, è emersa la necessità di allargare l’impiego delle metodiche della medicina rigenerativa anche all’ambito veterinario.
La particolarità di questa nuova branca delle scienze biomediche risiede nello sviluppo di terapie che utilizzino il potenziale rigenerativo delle cellule staminali. Edmund Beecher Wilson coniò l’espressione “Stem Cells” (SC) per la prima volta nel XIX secolo, nel 2000, poi, Gehron Robey P. e Watt F.M. et al. definirono le cellule staminali come cellule immature in grado di generare cellule figlie identiche (ancora staminali) e precursori in grado di dare origine a progenie con un potenziale differenziativo progressivamente ridotto, fino alla formazione di cellule mature e completamente specializzate.
Le SC vengono divise in base al loro potenziale differenziativo in:
- totipotenti: possono differenziare in tutti i tipi cellulari
- pluripotenti: possono differenziare in tutti i tipi cellulari derivanti dai tre foglietti embrionali (endoderma, mesoderma, ectoderma)
- multipotenti: possono portare alla formazione di tutti i tipi di cellule all’interno di un singolo lignaggio cellulare
- unipotenti: hanno la capacità di differenziarsi in un solo tipo cellulare
Le cellule staminali possono essere classificate anche in base alla loro origine in cellule staminali embrionali (ESC), cellule staminali dal sangue cordonale e cellule staminali adulte.
Queste ultime sono cellule indifferenziate localizzate in diversi tessuti di organismi adulti con capacità di auto-rinnovamento più limitata rispetto a quelle dell’embrione: in genere sono unipotenti o, al massimo, multipotenti ed il loro ruolo è quello di mantenere e riparare il tessuto in cui si trovano.
Nel 1960 sono stati scoperti due diversi tipi di cellule staminali adulte nel midollo osseo adulto: quelle in grado di originare tutte le cellule del sangue, definite Hematopoietic Stem Cells (HSC), mentre le Mesenchymal Stem Cells (MSC), sono quelle che si differenziano nelle cellule che costituiscono i vari tessuti connettivi (ossa, cartilagine, grasso ecc).
Nel corso del tempo, l’acronimo MSC è stato utilizzato con diversi significati, ma nel 2005 è stato ufficialmente correlato all’ espressione “Cellule Stromali Mesenchimali” dalla Società Internazionale per la Terapia Cellulare (ISCT). Si tratta di cellule mononucleate, capaci di crescere in adesione su superfici in plastica quando coltivate in vitro ed in grado di esprimere molecole di superificie specifiche.
Essendo definite multipotenti, inoltre, le MSC sono in grado di differenziare verso almeno tre tipi cellulari (generalmente cellule dell’osso, cartilaginee e del tessuto adiposo).
LE CELLULE STAMINALI IN TERAPIA EQUINA
Queste cellule sono state isolate da numerose specie, tra cui uomo, roditori, cani, conigli e cavalli e possono essere facilmente raccolte da diverse fonti (ad esempio, il midollo osseo, il sangue, il grasso, la membrana amniotica, il derma e molte altre).
Nonostante le fonti possibili siano diverse, il tessuto adiposo rappresenta quella preferibile vista la relativa abbondanza, la facilità di prelievo e la simiglianza con la capacità di proliferazione e di differenziamento delle cellule derivate da midollo osseo, prese a modello in molte specie.
Le MSC vengono utilizzate in clinica per trattare problemi di vario genere nell’uomo, ma anche nel cavallo e in altre specie. Una volta inoculate, agiscono integrandosi direttamente nel sito che le riceve contribuendo positivamente al processo di rigenerazione e secernendo molecole bioattive e fattori di crescita utili alla riparazione del tessuto.
Oggi le SC vengono considerate un promettente aiuto in terapia equina vista la loro capacità di non essere rigettate dai tessuti in cui vengono impiantate, sia in caso di trapianto autologo che allogenico.
Nonostante la realizzazione di banche di MSC allogeniche permetterebbe di abbattere i tempi relativi al prelievo, alla coltura in vitro e al trattamento per il successivo impiego terapeutico (circa 2-3 settimane), in Italia viene consentito solo l’utiizzo di cellule autologhe, quindi provenienti dal medesimo soggetto che riceve il trattamento (“Linee guida concernenti i requisiti sanitari minimi per l’impiego delle cellule taminali in medicina veterinaria”, repertorio atti n. 147/CSR, 13A09488, GU Serie Generale n.277 del 26-11-2013).
Attualmente, l’inoculo di MSCs autologhe a livello di tendini o legamenti risulta essere la pratica più comune per l’utilizzo di tali cellule in medicina equina, vista la loro ormai accertata capacità di contribuire positivamente alla rigenerazione fisica e funzionale dei tessuti interessati per la cura di lesioni sportive, artriti, rotture del legamento sospensore del nodello, lesioni tendinee o ferite cutanee.
PATOLOGIE UTERINE DEL CAVALLO: IL POTENZIALE IMPIEGO DELLE MSC
Insieme a coliche e problemi respiratori, una delle più comuni patologie equine e, spesso, causa di infertilità nelle cavalle, è la endometrite. Tale disturbo è caratterizzato da un’infiammazione dell’endometrio, la tonaca mucosa che riveste internamente la cavità uterina. Esito, la riduzione della fertilità dell’animale, che spesso causa problemi quali morte embrionale precoce, alterazioni del ciclo estrale della cavalla e, in casi gravi, impossibilità al concepimento.
Molte sono state le terapie sviluppate per cercare di curare tale processo infiammatorio e, nonostante ciò, i metodi elaborati nel corso degli anni non sempre sono risultati efficaci. Per questo motivo, a partire dal primo decennio degli anni 2000, le scoperte relative alle cellule staminali mesenchimali, hanno portato all’idea che potessero essere impiegate anche in campo riproduttivo equino.
Nel 2013, infatti, Mambelli L.I. et al., realizzarono il primo studio sul possibile utilizzo di MSC sull’utero equino. Il gruppo sperimentale era costituito da sei cavalle con endometriosi (3 con endometriosi severa e 3 con endometriosi moderata); tramite una procedura non invasiva simile a quella dell’inseminazione artificialie, le cavalle hanno ricevuto un’infusione contenente un numero definito di MSC diluite in soluzione fisiologica. Per entrambi i gruppi una cavalla fungeva da controllo e riceveva un’infusione di sola soluzione fisiologica.
I risultati ottenuti alla fine dello studio hanno evidenziato un rimodellamento positivo dei tessuti uterini delle cavalle con endometriosi moderata, mostrando che le cellule staminali inoculate fossero in grado di integrarsi nel tessuto migliorando le condizioni cliniche delle cavalle.
Uno studio successivo, svolto l’anno successivo secondo le medesime modalità, andava invece a valutare la produzione di alcune particolari proteine (ad esempio Laminina e Vimentina) da parte delle cellule uterine colpite da endometriosi. Dopo l’inoculo di MSC, le cavalle mostravano una diversa produzione delle proteine sopracitate, dimostrando che le MSC fossero in grado di modulare positivamente le cellule del tessuto endometriale delle cavalle.
Ulteriori ricerche successive hanno continuato e stanno continuando ad indagare l’effetto delle cellule staminali sul processo infiammatorio che interessa le cavalle affette da patologie uterine.
Una sfida assolutamente attuale che i ricercatori stanno affrontando con la speranza futura di impiegare cellule staminali mesenchimali nella terapia di disturbi riproduttivi che, ad oggi, influenzano ancora negativamente la fertilità delle cavalle.
Tuttavia, è noto che le conoscenze in quest’ambito siano ancora limitate e che debbano ancora essere compiuti diversi passi avanti; sarà quindi necessario confermare i risultati ottenuti fino ad oggi ed ampliare i campioni esaminati per valutare più approfonditamente gli effetti presumibilmemte positivi di questo genere di terapia.
A. Ceserani
Foto HSJ
Fonti: Mambelli, L.I. et al, 2013; Robey P.G. et al., 2000; Watt F.M. et al., 2000; Schlafer D.H. et al., 2007; Watson E.D. et al., 2000; Carrade et al., 2012; Troedsson H., 1999; Rasmussen C.D. et al., 2015
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