Cavallo grigio: la mutazione che determina il colore del manto
La mutazione genetica dietro il colore affascinante dei cavalli grigi e il suo impatto sulla loro salute
La scoperta della mutazione genetica
La mutazione genetica responsabile del colore particolarmente attraente del cavallo grigio è stata individuata per la prima volta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Uppsala in Svezia in un lavoro pubblicato nel luglio 2008 sulla rivista Nature Genetics.
Stiamo parlando di un team internazionale di esperti che non ha soltanto scoperto la mutazione responsabile di questa caratteristica, ma ha anche identificato un gene particolare che riconduce ad un antenato che visse migliaia di anni fa.
Il cavallo bianco è un simbolo di dignità e gode da sempre di un notevole impatto culturale, tanto da essere l’emblema di molte bandiere nazionali, come quella dello Stato della Bassa Sassonia in Germania. Nominati spesso anche in letteratura, i cavalli bianchi sono il simbolo della Scuola di equitazione spagnola di Vienna, in Austria, conosciuta in tutto il mondo.
Molti non sanno, però, che i cavalli grigi nascono con manto scuro, morello oppure baio, schiarendosi poi con il raggiungimento della maturità; focus dello studio sopra citato è stato proprio questo processo di trasformazione.
“È affascinante pensare che un tempo nacque un cavallo che col tempo diventò grigio e successivamente bianco, e che la gente osservandolo fu talmente colpita dal suo aspetto spettacolare che pensò di incrementarne la riproduzione, affinché la mutazione potesse essere trasmessa di generazione in generazione” racconta il professor Leif Andersson del dipartimento di biochimica e microbiologia medica dell’università di Uppsala. Oggi circa un cavallo su 10 risulta portatore di tale cambiamento genetico.
Il manto diventa completamente grigio tra il sesto e l’ottavo anno di età, ma comincia a cambiare colore già nei primi 12 mesi di vita, mentre la pelle rimane pigmentata; lo studio ha dimostrato che potrebbe essere un processo di trasformazione analogo a quello che accade nell’ uomo, anche se nei cavalli avviene in tempi molto più rapidi.
Il rischio di melanoma nei cavallo grigio
Il lavoro di questo gruppo di studiosi non ha soltanto risposto ad una curiosità, è risultato di grande interesse anche per il settore della ricerca medica in quanto è stato riscontrato come la mutazione aumenti il rischio di sviluppo di melanoma nel cavallo: il 75% dei cavalli grigi che ha più di 15 anni, infatti, presenta una forma benigna di questo tumore cutaneo, che talvolta può sviluppare, con il passare del tempo, caratteri di malignità.
Sono state studiare le cellule dello strato inferiore dell’epidermide e si è cercato di comprendere e dimostrare se il gene mutato sovra stimolasse i melanociti cutanei a produrre una quantità smisurata di melanina, il polimero responsabile della pigmentazione della pelle.
Si può affermare che attraverso tale lavoro di ricerca siano stati forniti chiarimenti sul pathway molecolare che potrebbe condurre allo sviluppo di questo tipo di tumori nella specie equina.
Secondo quanto dichiarato dal Dottor Leif Andersson, il motivo per il quale durante la maturazione di questi soggetti il manto si schiarisce, mentre la pelle diventa più scura è che la mutazione individuata va a stimolare la crescita dei melanociti causando perdita prematura delle cellule staminali melanocitiche necessarie per la pigmentazione dei peli ed, al contempo, provoca l’aumento di alcuni melanociti responsabili della pigmentazione della pelle.
In conclusione, ha affermato che molto probabilmente le mutazioni regolatrici, come quella individuata nei cavalli bianchi presi in esame in questo studio, costituiscano la classe dominante di mutazioni negli animali domestici, che si differenziano da quelle di altre specie animali, come
l’uomo e lo scimpanzé.
AC
Fonte: Genetics Of White Horses Unraveled: One Mutation Makes Ordinary Horses Turn Grey, Then White,
Very Young, Sciencedaily (2008)
https://www.sciencedaily.com/releases/2008/07/080720150203.htmFoto: Sassofotografie (c) Mario Georges Verheyden su Coriano
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