Il cavallo nell’arte metafisica: la simbologia nelle opere di De Chirico

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Cavalli in riva al mare, olio su tela, 1927

Questo animale da sempre accompagna l’arte in tutte le sue sfaccettature, dalle prime incisioni rupestri fino alle arti contemporanee più innovative del giorno d’oggi. Da sempre ammirato per la sua bellezza e la sua unica sensibilità, moltissime correnti artistiche lo hanno rappresentato e reso quindi uno dei soggetti più ritratti nella storia.

Da chi lo ritraeva nel suo più realistico aspetto, per darne un valore più intrinseco come portavoce di una corrente, di un’emozione e di sentimenti, a pittori che lo hanno simbolicamente legato all’arte politica, religiosa e militare. Non da meno è stata anche la più complessa Metafisica, la più importante del XX secolo, il cui capostipite, Giorgio De Chirico, ha spesso sfruttato le potenzialità simboliche del cavallo per dare la sua interpretazione della realtà di quel tempo.

I cavalli “oltre la fisica” del ‘900

Sebbene la pittura Metafisica viene spesso interpretata come seguito del Futurismo, queste due correnti artistiche nacquero quasi parallelamente, ma si svilupparono su due concezioni diametralmente opposte. Se nella tecnica futurista vediamo cavalli rappresentanti di dinamismo, colore, velocità, nell’interpretazione dechirchiriana i soggetti sembrano ritrarre un tempo che si è fermato, quasi eterei e costituiti da figure nitide, ordinate. 

Tra manichini, muse, quadri architettonici e statue, tra i suoi soggetti più noti si ritrovano anche i cavalli. Rappresentati in contesti naturali, come boschi, spiagge, ritornando al confronto anticipatamente introdotto, De Chirico riprende questo soggetto nell’ esatto contrario di Boccioni, collocandolo in luoghi di quiete di un tempo indefinito e spazi quasi idealistici, sconosciuti. Il cavallo metafisico riprende una rappresentazione mitologica, quasi fantastica, dipinto con chiare pennellate volte a creare punti luce precisi e con linee ben delineate.

Un esempio evidente di questa tecnica sono le celebri opere de “I cavalli in riva al mare”, che il pittore da riprodotto in due dipinti differenti, nel 1927. Conservati entrambi presso il Museo Carlo Bilotti a Roma, raffigurano una coppia di cavalli che si muovono sinuosamente su una spiaggia, impiegati quasi in quella che può sembrare una danza alle luci del tramonto. Anche di primo impatto sembra avere una concezione romantica, la perfezione del disegno degli animali che si riferisce alla semplicità del presente, si contrappone all’immagine passata delle rovine di frammenti marmorei.

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Cavalli in riva al mare, olio su tela, 1927

C’è inoltre un’analogia con questi due protagonisti nel dipinto “Divini Cavalli di Achille” del 1963, dallo stesso manto e di simile contesto.

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Divini cavalli di Achille, 1963, olio su tela

Il protagonista equino diventa la riproduzione di una realtà senza preconcetti, sconnessa dai principi spazio-temporali. Le opere di De Chirico creano un’atmosfera magica ed enigmatica, che colpisce proprio per la sua un apparente semplicità.

Questo artista dipinge con l’intento di mostrare quello che vi è oltre dalla pura apparenza fisica. Enigmatici sono tutti i suoi cavalli, che appaiono in altre numerose opere. Due particolari caratteristiche che spiccano tra i suoi dipinti, relative alla figura del cavallo, sono la rappresentazione in coppia (come nei quadri precedentemente descritti, spesso di manto baio e grigio) e di soggetti singoli dal manto bianco/grigio perlato. Come ad esempio nel dipinto Cavallo bianco nel bosco (Arione), in ricordo del ritratto equestre del marchese Francesco De Moncada.

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Cavallo bianco nel bosco, Airone. Olio su tela

L’autore della metafisica però, nella sua versione, decide di isolare il cavallo, eliminandola figura del cavaliere (a dimostrazione dell’importanza che voleva dare alla presenza di questo animale). Riprendendo la mitologia, Arione, fu il cavallo immortale e divino che, grazie alla sua velocità, venne dato in dono a Ercole (anche se viene tendenzialmente raccontato dalla mitologia greca con una criniera nera e alato).

O ancora, nelle rappresentazioni de “Testa di cavallo”, singole oppure a coppia (sempre dai manti grigio e baio), che risalgono tendenzialmente al periodo della seconda metà del ‘900

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Testa di cavallo, G. De Chirico 1978, olio su tela.
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testa di cavallo giorgio de chirico 1978

Il cavallo ha appassionato molti artisti nel passato e continua ancora oggi ad essere fonte di ispirazione per moltissimi artisti del presente.

L’Arte Metafisica nasce con l’intento di rappresentare ciò che va oltre la mera rappresentazione realistica, portando alla luce l’essenza intima della realtà, che spesso questo artista vuole trasmettere attraverso la figura del cavallo, dandone una forma mitologia, immortale, caratterizzati da ambientazioni quasi surreali e colori brillanti. 

© Riproduzione riservata.

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