Il cavallo è un animale eccezionale da molti punti di vista e chi vive e lavora con lui, lo sa bene.

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Il cavallo è un animale eccezionale da molti punti di vista e chi vive e lavora con lui, lo sa bene.

Il cavallo è uno degli animali che meglio si presta all’ippoterapia in campo.
Il cavallo è un animale che può farti riflettere nel profondo della tua intimità.
Tutte queste caratteristiche si possono trovare in un cavallo speciale, un cavallo normalmente diverso.

Il suo nome è Laghat, è un Purosangue Inglese nato il 15 marzo 2003.
La popolarità di Laghat ha varcato i confini degli ippodromi italiani ma è andata oltre anche al mondo degli ippofili.
Laghat è un cavallo cieco che, nonostante la sua condizione, è stato domato, addestrato e portato a correre negli ippodromi dove ha vinto 26 corse, scendendo in pista in 137 occasioni. Non hai mai avuto un’esitazione in nessuna delle gare alle quali ha partecipato, non ha mai causato un danneggiamento, neppure involontario, ai suoi avversari.
La sua cecità fu provocata, quando era puledrino, da una micosi che colpì entrambe gli occhi e che portò il buio nella sua vita. Un buio quasi totale perché i veterinari presumono che Laghat sia completamente cieco da un occhio e che dall’altro percepisca le ombre e il cambiamento della luce dal giorno alla notte.
Già, la notte. L’unica cosa che Laghat temeva era la notte, perché la notte porta il buio e il buio lo ha proiettato in un mondo al quale non era preparato. All’improvviso.
Per fortuna le persone che questo baio oscuro ha avuto vicine sono state formidabili e lo hanno aiutato a diventare quello per il quale è nato: correre sulle piste degli ippodromi e vincere.

Laghat e Matteo

Questa storia è stata raccontata in un libro, all’interno del quale i protagonisti parlano in prima persona, compreso il cavallo.
Ed è proprio Laghat che racconta come ha vissuto il passaggio da una vita con vista sul mondo a quella nelle tenebre.
Nonostante siano già passati più di 10 anni dalla sua uscita, il libro continua ad attirare l’attenzione mediatica (quest’anno è in uscita un film liberamente ispirato a esso) ma, soprattutto, dai giovani e giovanissimi.
In molte scuole è stato utilizzato come testo didattico perché porta l’attenzione sulla diversità, la sua accettazione e come l’interazione tra persone con disabilità e normo dotati sia importante, per entrambe le parti.

E, a proposito di disabilità, era solo questione di tempo perché anche alcune associazioni che trattano questi temi, lo conoscessero.
Così è giunto anche un invito a Laghat da parte dell’Unione Italiana Ciechi di Livorno. Un evento molto particolare, articolato in due parti.
Nella prima, proprio la lettura di quei brani del libro dove Laghat racconta come ha vissuto la sua malattia e il trauma del passaggio da una vita normale a una vita al buio. La platea, formata da persone normo dotate, da ipovedenti e da ciechi, ha ascoltato e accolto con emozione queste parole e chissà, per queste ultime, quali pensieri sono passati per la testa: l’emozione collettiva era comunque palpabile.

Cana al buio


E se tutto questo si è svolto alla luce, il seguito della serata è stato d’impatto per i vedenti. Infatti, era prevista dal programma un’apericena al buio. Si è entrati in una stanza completamente oscurata dove il buio era assoluto. All’ingresso, si viene accompagnati al posto a sedere da un cieco e, mani sulle sue spalle, ci si affida totalmente a lui. Raggiunto il posto, si viene serviti al tavolo e i camerieri/cameriere, sono sempre loro, i ciechi. La situazione è surreale, ti devi affidare unicamente agli altri sensi e dopo qualche minuto inizia ad ambientarti, percepisci la distanza delle persone grazie al suono della loro voce, il contatto delle mani per il passaggio del piatto e del bicchiere, il gusto e l’odorato per cercare di capire cosa stai mangiando e, come è facile immaginare, qualcosa è rimasto sconosciuto.
L’arrivo delle candele ha sancito la fine di un’esperienza destabilizzante ma che, seppur solo per qualche minuto e con la certezza che la luce, alla fine, sarebbe tornata, ha fatto vivere tutti nel buio mondo dei ciechi. Un mondo, però, ricco comunque di sensazioni e di emozioni.
E questo grazie a Laghat.

Laghat in pista da corsa

Ma non è tutto, perché l’associazione Strabilianti, che si occupa degli sport paralimpici e della promozione di questi all’interno delle scuole di ogni ordine e grado, ha “adottato” Laghat e i suoi libri (ne è stata scritta anche una versione illustrata per bambini) e sta diffondendo questo testo in altre scuole quale esempio di inclusione. Il libro illustrato permette alle insegnanti e agli insegnanti, di svolgere un lavoro in classe anche dove sono presenti ragazzi che sono nello spettro autistico e per il quali il testo illustrato è di grande aiuto.

Del comitato direttivo di Stabilianti fa parte anche Matteo Panariello che ha 36 anni ed è cieco dalla nascita. È un atleta paralimpico ed è campione del mondo di tiro con l’arco, titolo conquistato nel 2023.
Relazionarsi con una persona non vendente ti fa notare l’uso che fa dei verbi vedere e leggere, come se vedesse e leggesse normalmente.
Matteo ha letto il libro tutto d’un fiato, alcuni passaggi lo hanno commosso e ha trovato molti punti di contatto tra la storia di Laghat e la sua.

Alla fine del libro Laghat dice di considerarsi un cavallo fortunato perché ha avuto attorno a sé molte persone che gli hanno voluto bene. Si chiede anche come avrebbe potuto essere la sua vita se fosse stata senza quella malattia. La risposta che si dà è che la sua vita è felice e non l’avrebbe cambiata con una vita normale.
Matteo ha commentato questo pensiero con queste parole: “I miei amici mi chiedono spesso se rimpiango la mia condizione e se vorrei avere una vita a colori, ma io rispondo di no. Ho la mia vita, la mia famiglia, il mio sport, i miei amici e sono d’accordo con Laghat al cento per cento”.

Quando la differenza diventa normalità, la vita è bella.
Per tutti.

testo e foto di Enrico Querci

© Riproduzione riservata.

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