Gabriele D’Annunzio e il legame con il mondo equestre
Di questo grande intellettuale, che ha segnato particolarmente la cultura italiana del XIX e XX secolo, era ben nota la sua attitudine per lo sport, specialmente quello equestre.
Gabriele D’Annunzio è stata nota figura polivalente: poeta, scrittore, drammaturgo, militare e giornalista, Vate, ma anche grande appassionato di cavalli. L’influenza di questi animali nella sua vita personale viene riversata sul suo percorso letterario, diventando una grande fonte di ispirazione per le sue opere.
Noto cultore di una vita dandy, tra i suoi maggiori piaceri via era sicuramente andare a cavallo. Nell’attività equestre ritrovava la sintesi perfetta di forza, eleganza, vitalità e connessione con la natura, tematiche che difatti rappresentano un fil rouge nella sua letteratura.
Lo stesso ideale di “superuomo dannunziano”, fortemente influenzato dalla filosofia di Friedrich Nietzsche, trova la sua massima espressione nella performance equestre, che viene intesa come la grande opportunità per l’uomo di mostrare la sua connessione con la natura, e la sua capacità di trascendere i propri limiti attraverso la forza della volontà e la bellezza del cavallo.
I cavalli, compagni di vita fin dall’infanzia
Nato a Pescara nel 1863, cresce in una realtà fortemente legata alla tradizione equestre. Questo gli permette di entrare presto in contatto con i cavalli, e di avvicinarsi al mondo equestre. L’equitazione non era un semplice sport, ma una modo per attingere alla sensazione di libertà, potenza e bellezza, in perfetta armonia con il suo ideale di vita attiva ed intensa.
Da numerose testimonianze reperibili tramite i suoi scritti, ha avuto al suo fianco numerosi cavalli durante il suo percorso letterario e di vita, che ha voluto celebrare rendendoli veri e propri protagonisti delle sue opere, oltre che portatori di profondi riferimenti simbolici.
Tra i più noti, il suo primo cavallo Aquilino viene spesso ricordato nei versi in prosa de Il Notturno (1921) e nel Libro Segreto (1935) oltre che alcuni antecedenti versi presenti in Prime Vere (1879-1880); altro noto compagno è Murgione, l’arabo grigio meglio conosciuto come Silvano, a cui dedica la celebre poesia “Al mio cavallo Silvano” dedicata al loro forte legame; Undulna poi, cavalla particolarmente presente e sfidante per D’Annunzio dato il suo carattere nevrile, alla quale dedicherà diversi scritti e riferimenti, tra i quali un’omonima poesia in Alcyone (1903), una delle sue raccolte di maggior prestigio.
Dalla giovinezza, all’adolescenza, agli studi e alla guerra, i cavalli sono sempre state per lui figure estremamente importanti e partecipi nella sua vita, ai quali spesso dedica numerose poesie e li rende simbolo identificativo di intere opere.
La simbologia equestre nelle sue opere
Nobiltà, forza spirituale, desiderio, e potere: il cavallo rappresenta intrinsecamente l’energia primordiale alla quale l’uomo (o meglio, il superuomo) deve aspirare per scardinare il legame con i propri limiti.
Il richiamo e la connessione con la Natura
Il cavallo simboleggia anche la fuga dal mondo moderno e industrializzato verso una dimensione più autentica e selvaggia. Questa visione riflette la tensione tra l’uomo moderno e il desiderio di riconnettersi con un mondo più naturale e genuino, un tema centrale nella produzione letteraria di D’Annunzio.
In “Le Vergini delle Rocce” (1895), cavallo assume una dimensione ancora più complessa, amplia il simbolismo del cavallo, collegandolo all’idea di purezza e nobiltà, intrecciando temi di misticismo e ritorno alla natura. O ancora, nel dramma “La Figlia di Iorio” la presenza dell’animale incarna la forza della natura e la bellezza selvaggia, ma è una figura che evoca timore e ammirazione, simbolizzando la bellezza primordiale che sfida la razionalità umana.
Simbolo di bellezza ideale ed eterna
Il cavallo è spesso descritto con un linguaggio che esalta la sua eleganza, armonia e proporzione, perciò viene in quanto creatura di rara bellezza, il cui movimento e portamento incarnano il suo ideale estetico.
Spesso difatti D’Annunzio riprende i temi della tradizione della letteratura più antica (nobiltà, purezza e grandezza) per esprimere la sua visione estetica, in cui il passato glorioso della cultura classica è una fonte di ispirazione per la creazione di una nuova arte e di una nuova umanità. Il cavallo diventa quindi una figura centrale per comprendere la sua aspirazione a una bellezza eterna, universale.
Nella raccolta poetica “Alcyone“, ad esempio, evoca il mondo omerico attraverso descrizioni epiche della natura e del paesaggio italiano, celebrando la bellezza della natura, dove il cavallo diventa un simbolo di armonia cosmica e connessione con l’universo, rappresentando l’essere umano e il mondo naturale, un’esperienza estetica che trascende il tempo.
Di spicco sono inoltre i richiami alle figure mitologiche legate ai cavalli, come Pegaso o i cavalli di Poseidone, per arricchire il simbolismo di potenza e bellezza.
Metafora della forza e della vitalità
La natura di questo animale viene espressa nelle sue opere come massima energia vitale e potenza, diventando metafora dell’impulso primordiale che anima la vera natura dell’essere umano, legata alla forza fisica ma anche di volontà.
L’associazione con la forza fisica e spirituale è fortemente legata all’immagine di un uomo che cerca di dominare la propria vita e gli altri, riflettendo il suo ideale di “superuomo“, un individuo che cerca di trascendere i propri limiti attraverso la forza della volontà e la bellezza estetica.
L’eroe dannunziano può essere interpretato nelle vesti di un impavido cavaliere che spesso tenta di superare i propri limiti umani attraverso la potenza e l’audacia, qualità rappresentate emblematicamente dal cavallo.
“La mia emozione nel dissellare il cavallo, dopo quattr’ore di cammino severo, per tema della fiaccatura; e la mia tenerezza nell’accostare la mia gota al suo collo mobile di baleni nervosi; e la mia delicatezza nell’ottenere che almen da me tollerasse la brusca sotto il ventre smilzo”
tratto da Libro Segreto, ultima opera di D’Annunzio, 1935
Gabriele D’Annunzio e lo sport equestre sono indissolubilmente legati, sia nella vita personale che nella sua produzione letteraria. L’equitazione rappresentava per D’Annunzio una forma di espressione artistica e filosofica, un mezzo per incarnare i suoi ideali di bellezza, potere e libertà. Il cavallo, con la sua forza e nobiltà, divenne un simbolo centrale nella sua poetica, riflettendo la complessità della sua visione del mondo.
Attraverso lo sport equestre, riuscì a coniugare la sua passione per l’azione con il suo amore per l’arte, creando un’immagine di sé che rimane ancora oggi affascinante e ispiratrice.
Fonti
Matteo Anastasi, Massimiliano Valente. “Tutti i miei lavori sono equestri: Gabriele D’annunzio e l’equitazione, tra dandismo, giornalismo e letteratura”,
D’Annunzio, Gabriele. Il Piacere. Milano: Mondadori, 2004.
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