Endurance: un reduce dai mondiali in Malesia racconta

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Vatalano 1

Quasi terminato il giro di interviste ai binomi azzurri che recentemente hanno difeso i colori azzurri ai mondiali in Malesia.
E’ la volta di Vincenzo Catalano, un uomo mite e pacato, ma consapevole e competitivo al punto giusto. Intervista a Vincenzo Catalano – Campionati del Mondo, Malesia 2008 Quando acquistasti Parytet avresti mai immaginato di arrivare fin dove sei arrivato? Ai mondiali a difendere il tricolore? No, assolutamente no; neanche mi sfiorava l’idea.
Ricordo con precisione ed emozione il giorno in cui mi recai dal commerciante “giusto“ e comprai Parytet; arrivai nel luogo stabilito, il proprietario tirò fuori il cavallo dal box e me lo mostrò alla longia.
Mentre il cavallo girava fiero ed elegante, ascoltai incuriosito la sua storia ed il destino di Parytet sembrava dunque segnato, l’avrei portato via con me e così fu.
Il cavallo stesso sembrava mi esortasse nell’intento, sembrava mi stesse sorridendo.
In realtà sapevo che in molti erano andati a vederlo per comprarlo, ma vuoi per la sua fama di cavallo difficile, vuoi per il prezzo giudicato eccessivo, nessuno mai lo comprò.
Vengo da una vissuta esperienza di cavalli, mio padre ha sempre avuto il cavallo con cui gareggiare a pelo nelle feste di paese vincendo sovente, ed io da bambino montavo a cavallo portandomi dietro questa passione, gareggiando prima nel salto ostacoli, poi nel cross, oggi nell’endurance.
Essendo vissuto praticamente da sempre nel mondo dello sport (ho praticato pugilato e ginnastica artistica con passione), sono in grado di capire i miei limiti e nel caso dell’equitazione quelli dell’animale che monto; intuisco le sue potenzialità e cerco di tirar fuori il massimo. 
Che potesse poi diventare un cavallo da mondiale lo scoprii portandolo avanti gara dopo gara.
Cominciai a montarlo, giorno dopo giorno, con tanta pazienza e senza fretta.
Credo che la maturazione completa di un cavallo da endurance debba passare attraverso lenti “step“; dal canto mio ho sempre cercato, prima dell’allenamento fine a se stesso, di capire il suo carattere per entrare in sintonia con lui e formare il binomio vincente.
Ne è passato di tempo affinché io capissi che si doveva trattare di un cavallo davvero “mondiale“.
Così, gara dopo gara, ho chiesto a Parytet sempre qualcosa in più, fino allo scorso mondiale.
Ed eccolo arrivare a partecipare al mondiale in Malesia, dove ha affrontato bene il viaggio ed il cambiamento di clima, continuando a comunicare con me come a casa.
A casa nel suo paddok giochiamo a rincorrerci, lo facevamo anche lontano migliaia di chilometri da casa. Sei soddisfatto del tuo risultato e quello della squadra azzurra o “potevi/potevate“ fare di più? Si, sono soddisfatto, se penso che dietro di noi sono arrivate squadre come la Francia che era favorita e tante altre che tutti davano più accreditate di noi, non posso che esserlo.
Personalmente avrei potuto chiedere di più a Parytet viste l’ottime condizione fisiche dimostrate al traguardo finale; quando si corre in squadra però si hanno delle responsabilità e dei ruoli da rispettare quindi ho ritenuto saggia la scelta di non premere sull’acceleratore dunque rischiare.
L’unico rammarico l’errore commesso al Km 4,5; ho sbagliato percorso e perso tempo prezioso!!
Sono consapevole oggi delle sue capacità, per cui non esiterò, alla prossima occasione, di utilizzarle a 360°. I tuoi amici, anche quelli che non conoscono l’endurance, come hanno reagito a saperti in Nazionale e per di più in un paese così lontano? I miei amici, quelli veri, erano entusiasti; anche i semplici conoscenti mi hanno fatto i complimenti e gli auguri nei giorni antecedenti la partenza.
Grazie a questa esperienza ho risentito e ritrovato gente che non frequentavo più da anni, persone che hanno pensato di darmi il loro supporto con messaggi, e-mail,  telefonate ecc.
Vorrei ringraziarli tutti ed in particolare colgo l’occasione per dire grazie al mio amico Giancarlo Alberto che non ha voluto perdersi la competizione di questo Mondiale a cui partecipavo. Il clima in “casa Italia“ com’era in Malesia? Devo dire che l’atmosfera è stata sempre serena e rilassata.
Qualcuno, prima della partenza per la Malesia, pensava che un così lungo periodo di convivenza tra un gruppo così numeroso avrebbe potuto creare dei problemi, è andato tutto bene invece. I mondiali e le tensioni che hanno caratterizzato le scelte “tecniche“ sono in archivio; la federazione sembra essersi rifatta il look. Cosa ti aspetti dalla nuova presidenza? Al mercoledì della stessa settimana delle elezioni per il nuovo presidente F.I.S.E. sono stato alla conferenza che si è svolta a Stupinigi (To) al ristorante Le Cascine; in quell’occasione l’avv. Paulgross, oggi presidende, illustrò all’incuriosita platea il suo programma e le sue intenzioni future, laddove avesse vinto le elezioni.
Ora che lo stesso è riuscito nell’intento e da cavaliere che ha onorato la bandiera italiana e della Fise ai mondiali, chiedo lui di lavorare affinché si possa parlare sempre meno di politica o clientelismo e sempre più di sport.
I più meritevoli, le classifiche parlano chiaro, devono poter andare avanti, a prescindere dal “potere“ o dall’“estrazione sociale“.
Infine chiedo fermamente al presidente, anche in virtù della professione che svolge, che si arrivi a punire in maniera seria e decisa, chiunque, con azioni illegali e vergognose, possa buttare del fango sul nome dell’endurance. Auspico pene esemplari, da sanzioni pecuniarie al ritiro delle patenti. Il tutto in favore di coloro che lavorano, si allenano e che si sacrificano con passione ed onestà. Solo così l’Endurance potrà crescere. Grazie Signor. Presidente.
Catalano Vincenzo.
 

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