Buti, il primo palio dell’anno

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In molti, nel mondo dei cavalli, quando sentono la parola “palio” drizzano le orecchie e si mettono sulla difensiva. Ebbene, amici, è giunto il momento di cercare di capire cosa oggi, nel 2025, cosa vuol dire “palio” per il paese, la città che lo organizza.

Innanzitutto l’amore della gente di palio per i cavalli è incondizionato e il benessere e la tutela di queste meravigliose creature è, anche per loro, al primo posto.

I tempi sono cambiati, le leggi pure e il MASAF sovrintende alla sicurezza di tutte queste manifestazioni, sia da un punto di vista veterinario, sia dal punto di vista della sicurezza dei tracciati.

Si sa che l’estate è la stagione regina dei palii però forse non tutti sanno che il primo palio dell’anno si volge in gennaio.

Il palio di Buti si corre la domenica che segue la festività di Sant’Antonio Abate (17 gennaio), il protettore di tutti gli animali. Quest’anno a Buti (comune con meno di 6.000 anime arroccato sulle colline in provincia di Pisa) si è fatto festa domenica 19 gennaio e le settimane precedenti a questa data sono state ricche di avvenimenti tra i quali, degni di lode, gli incontri con le scuole per coinvolgere i giovani e spiegare loro il corretto funzionamento delle regole del palio.

L’evento più seguito, però, è la Cena Itinerante che permette di gustare le specialità butesi percorrendo le strade che attraversano le sette contrade del paese.

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Buti, il primo palio dell’anno 3

Un’altra peculiarità di queste parti è che la mattina del palio di fa colazione con la trippa! Già, una cosa un po’ forte e alla quale sostieni che non ti piegherai mai … poi cammini per le vie di Buti, senti il profumo che esce dai calderoni, un amico ti mette un braccio sulle spalle e ti porta a tavola. 

Cosa fai, dici di no? Ovviamente, la trippa è accompagnata da un bicchiere di vino rosso (tanto poi si cammina e basta!) e per i più forti di stomaco al posto del cappuccino un ponce rum e caffè! Insomma, gente di sostanza da queste parti, anche alle 8 di mattina.

Insomma, il valore aggiunto che una manifestazione paliesca porta in un piccolo paese è quello di essere un collante tra tutti i suoi abitanti.

Non importa a quale contrada appartieni ma conta che tu collabori con il Seggio di Sant’Antonio, l’associazione preposta all’organizzazione del palio, devi rimboccarti le maniche e aiutare. Poi, una volta che i cavalli scendono in pista, ciascuno nella propria contrada, ci mancherebbe!

A proposito di contrade, sono sette e si chiamano (in rigoroso ordine alfabetico) Ascensione, La Croce, Pievania, San Francesco, San Michele, San Nicolao e San Rocco.

La mattina del palio sfilano per le vie cittadine per giungere alla chiesta di San Giovanni Battista dove il parroco benedice cavalli e fantini.

A seguire c’è il corteo storico con i figuranti in abiti medievali ma la cosa più bella è che ciascuna contrada prepara una raffigurazione storica. In pratica, si narrano eventi, personaggi, fatti storici che si sono svolti a Buti in un passato che va dal recente al lontanissimo. 

I contradaioli indossano abiti appropriati a l’epoca che stanno raccontando ed è una narrazione recitata con parole e gesti.

La chiusura del corteo è riservata a un folto gruppo di cavalieri e amazzoni che sfilano con i loro cavalli davanti al parroco per ricevere la benedizione per Sant’Antonio Abate.

Terminato il corteo storico si è fatta l’ora dell’aperitivo. No, tranquilli, un po’ per la colazione come quella descritta sopra, un po’ per l’emozione e la tensione che salgono, il pranzo si salta. Ma non l’aperitivo!

Nel palio di Buti i fantini montano con la sella, è un palio “alla lunga” (i cavalli non ripassano mai da uno stesso punto), il percorso di circa 700 metri si snoda tra le vie cittadine ed è in salita. 

È una specie di serpentone con un tratto rettilineo dopo la partenza (la mossa) una “chicane” che precede un breve rettilineo, una curva e il tratto finale diritto. Il fondo pista è in terra battuta e gli steccati sono quelli a collo di cigno utilizzati negli ippodromi.

I cavalli e i fantini sono scelti dalle singole contrade che vengono sorteggiate in due batterie da tre partecipanti mentre la settima, quella che rimane, è definita il Signore e aspetterà nella terza batteria le contrade seconde arrivate nelle precedenti batterie. Ovviamente i vincitori delle tre batterie vanno a comporre la finale.

I cavalli sono di razza Anglo Arabo mentre i fantini sono ormai quasi tutti quelli che abitualmente montano negli ippodromi. Tra loro ci sono nomi anche di grande prestigio, come Fabio Branca, ma non mancano neppure fantini del palio di Siena e quest’anno è sceso in pista Carlo Sanna, detto Brigante (tre volte vincitore del Palio di Siena). Non mancano personaggi come Silvano Mulas, unico fantino ad aver vinto il Palio di Siena e anche il Derby di galoppo all’ippodromo delle Capannelle.

Quest’anno la favorita era la contrada San Francesco che aveva ingaggiato il cavallo Beniamino (arrivato secondo l’anno passato) e il fantino Gavino Sanna. 

Il primo, un bellissimo grigio allenato nientemeno che da Giovanni Atzeni (dieci volte a segno nel Palio di Siena con il soprannome di Tittia), è praticamente imbattibile negli ippodromi con uno score di 18 vittorie in 24 corse disputate. Gavino Sanna è diventato negli anni il “killer” nei palii di provincia, sia quelli alla sella che in quelli montati “a pelo”. 

Oltre all’indubbia bravura, Gavino è uno scricciolo d’uomo che pesa poco più di 40 chili e anche questo, ai fini del risultato, conta.

Non sono mancati i colpi di scena, le proteste, i pianti come accade in ogni palio italiano.

Però nel 2025 il favorito a tenuto fede al pronostico e Beniamino, dopo aver dominato la batteria, a vinto facilmente anche la finale.

Ha gioito la contrada in giallo – nero, San Francesco, per questa decima vittoria (nessun’altra ha vinto quanto lei) che è arrivata dopo un digiuno che si protraeva addirittura dal 2010.

Insomma, il palio ormai non è solo una corsa di cavalli ma è anche l’occasione per conoscere un territorio, la sua storia, la sua cultura e, last but not least, la sua cucina.

Enrico Querci

© Riproduzione riservata.

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