Alla scoperta dell’imaging diagnostico nel cavallo: un viaggio tra scienza, tecnologia e medicina

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Imaging diagnostico

Quando la diagnosi era cieca

All’inizio del Novecento, il mondo veterinario si affidava quasi esclusivamente ai sensi umani: la vista, il tatto, l’udito.

Zoppie, gonfiori, dolori venivano interpretati osservando l’andatura, palpando gli arti, ascoltando il respiro.

Non esistevano strumenti capaci di “vedere” dentro il corpo del cavallo.
La medicina era una scienza empirica, fatta più di esperienza che di evidenze oggettive.

La vera rivoluzione arrivò nel 1895, in un laboratorio della Baviera.

1895: I Raggi X – L’invenzione della radiografia

Wilhelm Conrad Röntgen scoprì per caso una forma di radiazione invisibile capace di attraversare i materiali solidi: i raggi X.
Questi raggi, quando impressi su una lastra fotosensibile, restituivano un’immagine interna del corpo.
Fu una scoperta epocale, che si diffuse rapidamente anche in medicina veterinaria.

Come funziona la radiografia?

La radiografia utilizza un fascio di raggi X che attraversa il corpo e viene assorbito in misura diversa a seconda della densità dei tessuti.

  • Le ossa, molto dense, assorbono quasi tutti i raggi, risultando bianche sull’immagine.
  • I tessuti molli, meno densi, appaiono più scuri.

I primi esami radiografici nei cavalli consentirono di diagnosticare fratture, lussazioni e deformità ossee senza dover ricorrere alla chirurgia esplorativa.

Con il progresso tecnico, nacquero apparecchi più potenti e portatili, rendendo la radiografia uno strumento quotidiano nella clinica equina.

1950-1970: La radiografia moderna – Immagini più sicure e più nitide

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, grazie ai miglioramenti dei tubi radiogeni e delle pellicole sensibili, la qualità delle immagini migliorò enormemente.
La radiografia divenne un pilastro della diagnostica equina, soprattutto per cavalli sportivi e da corsa.

Tuttavia, i raggi X, per la loro natura, offrivano immagini bidimensionali e dettagliate solo delle strutture dure come le ossa.
I tessuti molli – tendini, legamenti, muscoli – rimanevano quasi invisibili.

Serviva una nuova tecnologia per esplorarli.

Anni ’70: L’Ecografia – L’ascolto profondo dei tessuti molli

Con l’arrivo dell’ecografia, negli anni ’70, si aprì una nuova frontiera.
Basata sugli ultrasuoni, non più su radiazioni ionizzanti, l’ecografia offriva una modalità completamente diversa di analisi.

Come funziona l’ecografia?

Una sonda (trasduttore) appoggiata sulla pelle invia onde sonore ad alta frequenza nel corpo.
Quando queste onde incontrano i vari tessuti, vengono riflesse indietro con intensità diversa:

  • Le onde riflesse sono trasformate in impulsi elettrici.
  • Un computer li elabora e crea immagini in tempo reale.

L’ecografia è particolarmente adatta per:

  • Visualizzare tendini e legamenti (essenziali nel cavallo atleta).
  • Esaminare muscoli e sacche articolari.
  • Monitorare gravidanze e la salute del feto.

La sua natura non invasiva e la possibilità di essere eseguita sul campo ne fecero uno strumento indispensabile.

Anni ’80: TAC – Il corpo svelato in tre dimensioni

Negli anni Ottanta, la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) portò una nuova visione tridimensionale all’imaging medico.

Come funziona la TAC?

Una sorgente di raggi X ruota intorno al corpo mentre l’animale si sposta lentamente all’interno del macchinario.

Un sistema di rilevatori misura l’intensità dei raggi che attraversano i vari tessuti.

Questi dati vengono elaborati da un computer per ricostruire immagini sezionali molto sottili: delle vere “fette” del corpo.

Con la TAC:

  • Si ottengono immagini dettagliate delle ossa e delle articolazioni.
  • È possibile localizzare fratture complicate e tumori ossei.
  • Si possono analizzare strutture profonde come il cranio e la colonna vertebrale.

La TAC richiede solitamente che il cavallo sia sedato o anestetizzato per garantire l’immobilità necessaria.

Anni ’90: Risonanza Magnetica – La mappa dei tessuti molli

Negli anni Novanta, la Risonanza Magnetica (RM) portò l’analisi dei tessuti molli a un livello di dettaglio mai visto prima.

Come funziona la risonanza magnetica?

La RM utilizza un forte campo magnetico per allineare i nuclei di idrogeno presenti nei tessuti del corpo.

Successivamente, impulsi di onde radio disturbano questo allineamento.
Quando i nuclei tornano alla posizione iniziale, emettono segnali che vengono captati e trasformati in immagini.

La RM permette di:

  • Visualizzare con straordinaria precisione tendini, legamenti, cartilagini, menischi e midollo osseo.
  • Diagnosticare lesioni invisibili alla radiografia o alla TAC.
  • Studiare patologie articolari complesse e zoppie di origine incerta.

Oggi esistono apparecchiature di risonanza magnetica in stazione eretta, che permettono di esaminare il cavallo sveglio, riducendo il rischio anestesiologico.

L’imaging funzionale – Guardare l’attività biologica

All’inizio del XXI secolo, si è passati dalla visione anatomica a quella funzionale dei tessuti.

Con la scintigrafia ossea, un tracciante radioattivo (solitamente Tecnezio-99m) viene iniettato nell’organismo.
Il tracciante si concentra nelle aree ad alta attività ossea, come nei siti di infiammazione o microfrattura, ed è rilevato da una speciale telecamera gamma.

Con la PET (Tomografia a Emissione di Positroni), è possibile visualizzare il metabolismo cellulare in tempo reale, permettendo diagnosi precocissime di:

  • Lesioni da stress.
  • Infezioni ossee.
  • Tumori.

Queste tecniche sono oggi fondamentali per una medicina veterinaria di precisione, capace di intervenire preventivamente.

Il futuro dell’imaging equino

La diagnostica per immagini nel cavallo ha fatto un lungo viaggio: dalle prime, tremolanti radiografie alla capacità di osservare il metabolismo cellulare vivo.
Oggi le tecniche di imaging lavorano spesso in combinazione, offrendo una visione completa, dall’anatomia macroscopica fino ai processi molecolari.

Il futuro?

Macchine più rapide, meno invasive, intelligenti grazie all’intelligenza artificiale, capaci forse di prevedere – oltre che diagnosticare – la malattia prima ancora che compaia.

Alessia Niccolucci

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© Riproduzione riservata.

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