Cosa succede al motore del nostro cavallo durante il lavoro?

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Questo secondo articolo sulla fisiologia dell’esercizio nel cavallo sportivo si occuperà di affrontare un argomento complesso, ma molto interessante: il metabolismo energetico degli equini.
Durante l’attività motoria, per potersi spostare, per riuscire a saltare e galoppare, è necessario che il nostro atleta produca energia attraverso due “tipologie“ di metabolismo, quello aerobico e quello anaerobico.
Alla base di tutto vi è l’alimentazione: l’animale si alimenta, produce energia sottoforma di calore durante la digestione dei nutrimenti assunti e, infine, trasforma tale calore in energia meccanica.
Il cavaliere, durante il lavoro, richiede al cavallo uno sforzo fisico dietro al quale si nasconde una certa quantità di energia: se il cavallo è in grado di soddisfare tale richiesta, avverrà la performance sportiva, in caso contrario, no.
In quelle discipline dove è richiesto uno sforzo prolungato nel tempo è essenziale che l’organismo sia in grado di soddisfare la richiesta energetica nell’unità di tempo in cui questo avviene, è il caso delle corse in piano al trotto o al galoppo.
Nelle discipline in cui non è necessaria un’elevatissima intensità dell’esercizio, come ad esempio l’endurance, non è tanto importante l’unità di tempo dello sforzo, quanto più la capacità del cavallo di soddisfare in assoluto la richiesta energetica che l’esercizio impone.
Infine, nel salto ostacoli e nel dressage, nei quali è di fondamentale importanza anche la componente tecnica influenzata soprattutto da aspetti biomeccanici, la parte energetica e metabolica viene meno.
Il cavallo, come tutti i mammiferi, trae l’energia necessaria per il proprio fabbisogno energetico dall’alimentazione, in particolare dalla combustione di molecole contenute in ciò di cui l’animale si nutre, ovvero glucidi (zuccheri), lipidi (grassi) e proteine.
L’attività sportiva necessita, però, di un supplemento, per questo la capacità di rispondere a tale richiesta in funzione del tempo è alla base di una buona performance sportiva.
Si potrebbe semplificare ciò che avviene nell’organismo di un equino (ma in realtà di qualsiasi animale) dopo che ha consumato un pasto, in questo modo: il cavallo si nutre, supponiamo di avena, ma ovviamente quest’ultima non può raggiungere direttamente il tessuto muscolare per permetterne la contrazione, ciò significa che dopo essere stata assunta viene digerita, metabolizzata e trasformata in una “moneta di scambio“, una molecola che funge da mediatore fra il nutriente assimilato dall’animale e il muscolo che deve compiere uno sforzo meccanico.
Questa sostanza, essenziale per qualsiasi essere vivente, è l’ATP (adenosina trifosfato).
La quantità di ATP, quindi di energia, presente nel muscolo di un cavallo a riposo è sufficiente a soddisfare 1 minuto di passo o 6 secondi di uno sprint massimale, ciò conferma quello che è stato detto fino ad ora e dunque che il cavallo per poter compiere uno esercizio fisico necessita di un fabbisogno energetico che va oltre il livello “basale“.
Facendo riferimento alla distinzione del metabolismo nelle sue due forme, quando l’intensità dello sforzo è bassa e prolungata nel tempo, entra in gioco il metabolismo aerobico, che produce energia consumando ossigeno.
E’ evidente quindi che il principale fattore limitante questo tipo di metabolismo, oltre ad una condizione di nutrizione ottimale, è la disponibilità di ossigeno e la capacità dell’organismo di utilizzarlo.
Per analizzare la questione da un punto di vista pratico: quando si lavora un cavallo in piano viene sfruttato il metabolismo aerobico, davanti ad un salto, invece, quando la richiesta energetica è improvvisa e l’intensità dello sforzo è elevata, il cavallo necessiterà anche dell’altra forma metabolica, quella anaerobica, che avviene senza consumo di ossigeno e risulta avere una durata molto inferiore rispetto a quella aerobico.
Il metabolismo aerobico si divede in tre fasi biochimiche:
1. La glicolisi
2. Il ciclo di Krebs
3. La fosforilazione ossidativa
A partire da una molecola di glucosio e attraverso questi tre passaggi si arriverà alla produzione e al rilascio di 36 molecole di ATP.
E’ possibile produrre energia sottoforma di ATP anche a partire dagli acidi grassi, sfruttando dunque le riserve di grassi. Durante un’attività motoria di intensità moderata, ma continuativa, ad esempio nell’endurance, il tessuto muscolare utilizza inizialmente il glucosio proveniente dal circolo sanguigno per produrre l’energia necessaria alla contrazione. Il continuo consumo di questo zucchero, però, porta ad un abbassamento della glicemia che induce il rilascio dell’adrenalina, un ormone che favorisce  il rilascio degli acidi grassi provenienti dai lipidi ingeriti con la dieta e dalle riserve adipose dell’organismo stesso.
La capacità aerobica del cavallo, come già era stato detto nel primo articolo, è molto superiore a quella dell’uomo e questo è possibile per tre motivi principali, il primo è che la gittata cardiaca degli equini è molto inferiore a quella umana e può aumentare fino a 20 volte per svolgere un massimo sforzo.
In secondo luogo, quando il cavallo inizia a produrre adrenalina, favorisce la produzione ed il rilascio nel sangue di globuli rossi, i quali trasportano l’emoglobina, una proteina che lega l’ossigeno, essenziale per il metabolismo aerobico.
In ultimo, il numero di mitocondri, sito prediletto di produzione energetica, nelle cellule muscolari è molto più elevato rispetto a quello presente negli uomini.
Foto di Mari HongistoDalle Videolezioni del Medico Veterinario Marco Salvadori sul canale Youtube di Mario VerheydenHSJ Seguici su Instagram: @horseshowjumping.tv
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