Edouard Schmitz, la determinazione di un cavaliere nato per sognare in grande

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L’intervista al giovane e promettente cavaliere svizzero per la prima volta al Morocco Royal Tour

Alle porte della finale di El Jadida, ultima tappa del Morocco Royal Tour 2025, è il momento perfetto per tornare indietro di qualche settimana, a Tetouan, dove tutto è cominciato. Per Edouard Schmitz era la prima volta al Morocco Royal Tour, e l’entusiasmo con cui ha vissuto l’apertura del circuito racconta bene lo spirito con cui affronta ogni nuova sfida. Proprio lì, lontano dalle luci di una finale che ancora non immaginava, Edouard Schmitz si è raccontato con la naturalezza di chi ha ancora fame di futuro.

Non sapeva che a Rabat, la settimana successiva, avrebbe conquistato un prestigioso terzo posto nel Gran Premio, ma le sue parole lasciavano già intravedere tutto quello che oggi lo rende uno dei talenti più interessanti del salto ostacoli internazionale.

L’inizio di tutto: “Da bambino volevo solo stare con gli animali”

Ogni passione autentica nasce da qualcosa di semplice. Per Edouard Schmitz, classe 1999 e ormai tra i protagonisti della scena mondiale: «Sono sempre stato affascinato dagli animali», racconta. «Da bambino li amavo tantissimo, e credo che sia stato anche merito di mia nonna. Andavamo sempre insieme a vederli ed è diventata una cosa nostra».

Da quella curiosità è nata una scoperta: «Ho capito abbastanza presto che c’era un solo sport in cui si poteva davvero lavorare insieme a un animale. All’inizio i miei genitori non volevano che provassi a montare, ma ho insistito per anni, ho praticato altri sport… e alla fine mi hanno lasciato salire a cavallo. Da allora non mi sono più voltato indietro».

E come molti bambini con un sogno, Edouard ha avuto anche il suo “colpo di fulmine”: «Siamo fortunati ad avere il concorso di Ginevra. Ogni anno andavo a vederlo e ricordo di aver osservato persone che sono ancora oggi i miei idoli, come Steve Guerdat, e pensare: “Ecco, questo è quello che voglio fare”».

Cortino 46, il cavallo che gli diceva “ci penso io”

Ogni cavaliere ha un cavallo che segna la sua carriera. Per Schmitz quel compagno speciale è stato Cortino 46. «È difficile scegliere un solo cavallo, ma forse quello che ha avuto il ruolo più importante per me è stato proprio lui. Avevo quindici anni quando ho iniziato a montarlo e con lui ho fatto cinque Campionati giovanili».

Con Cortino sono arrivati i primi grandi traguardi: «Grazie a lui ho ottenuto i miei primi risultati in un Gran Premio quattro stelle e ho realizzato il sogno di partecipare a un concorso cinque stelle. Con Cortino era come se, quando entravamo in campo, mi dicesse: “Non preoccuparti, ci penso io”. Era un legame speciale, e darei molto per avere di nuovo oggi un cavallo come lui nella mia scuderia».

Fiducia e chimica: “Come costruire un rapporto umano”

Il rapporto cavallo-cavaliere è il cuore di questo sport. Per Edouard costruirlo significa tempo, coerenza e sensibilità: «È come creare un legame con un’altra persona. Per costruire fiducia devi essere prevedibile. Il cavallo deve sapere cosa aspettarsi da te: se reagisci in un certo modo in una situazione, devi farlo sempre. Non puoi un giorno prenderla con calma e il giorno dopo arrabbiarti. Devono sapere che ti prenderai cura di loro e che passerai del tempo con loro».

Ma, come nelle relazioni tra persone, la chimica gioca un ruolo fondamentale: «Ci sono cavalli che monti e di cui ti innamori subito, e altri, anche se sono ottimi cavalli, con cui non arrivi mai a ottenere quell’ultimo uno per cento in più».

Un giorno nella vita di Edouard Schmitz

Dietro la leggerezza e l’eleganza che si vedono in campo, c’è una routine precisa. «A casa comincio a montare alle sette e mezza del mattino. In genere monto cinque cavalli la mattina, cercando di lavorarli almeno quarantacinque minuti ciascuno. Credo sia importante prendersi il tempo giusto, senza orari rigidi: a volte serve più tempo, a volte meno, bisogna sentire cosa è necessario in quel momento».

Il pomeriggio è dedicato al benessere dei cavalli — «vanno al pascolo, li passeggio» — e a quella parte meno visibile ma essenziale del lavoro: «C’è sempre del lavoro d’ufficio da fare: organizzare i programmi delle gare, assicurarsi che tutte le iscrizioni siano corrette, occuparsi della contabilità e delle fatture. Non è la parte più affascinante, ma deve essere fatta» ha detto sorridendo.

“La pressione è un privilegio”

Essere costantemente tra i migliori comporta inevitabilmente aspettative, ma Edouard ha imparato a viverle con equilibrio. «Ho sentito un tennista dire che la pressione è un privilegio, e mi è piaciuta molto questa frase. È un onore essere in una posizione in cui si devono confermare i risultati. Io cerco semplicemente di godermi ciò che faccio. Se va bene, bene. Se non va bene, pazienza».

Per lui, un errore o un risultato non cambiano nulla di essenziale: «Se esco da un percorso e ho fatto bene o male, sono comunque la stessa persona. E se il mio cavallo ha abbattuto un ostacolo, continuo a credere che sia un buon cavallo. Un risultato non cambia la tua vita».

Tornare alle radici

Negli ultimi mesi Edouard ha scelto di spostare la sua base vicino a Ginevra, una decisione importante sul piano personale e professionale. «È stato difficile lasciare la famiglia Fuchs, con cui sono stato a lungo e che è stata come una seconda famiglia per me. Ma sentivo la mancanza delle mie radici ed è stata un’opportunità per tornare più vicino a casa».

Un cambiamento che gli ha insegnato molto: «È stato interessante per me, come sportivo, essere un po’ più indipendente, fare i miei errori nella gestione dei cavalli e nell’organizzazione. Non sempre i risultati sono stati quelli che volevamo, ma credo di aver imparato moltissimo nell’ultimo anno».

Thomas Fuchs, un mentore per la vita

Il rapporto con Thomas Fuchs rimane un pilastro della carriera di Schmitz: «Avevo diciassette anni quando mi sono trasferito da lui, e ha avuto un ruolo enorme nella mia carriera. Ha messo tanto impegno ed entusiasmo nel mio percorso e ha preso decisioni difficili per il mio bene, come dirmi di non partecipare a un concorso a cui volevo andare o di non montare un cavallo in una categoria specifica. Anche se oggi lavoriamo un po’ meno insieme, resterà sempre una persona importantissima per me».

Parigi 2024: “Il sogno di una vita”

Il 2024 ha rappresentato per Edouard un momento chiave: la partecipazione ai Giochi Olimpici di Parigi come cavaliere di riserva. «Era il mio sogno da quando ero bambino. Solo esserci è stato un traguardo. È stata una settimana particolare: la squadra svizzera non ha ottenuto i risultati attesi nella prova a squadre, e proprio da quella situazione è arrivata per me la possibilità di entrare in campo. Da un lato ero dispiaciuto per i miei compagni, dall’altro felice di poter montare».

La gioia più grande è stata condividere quel momento con le persone più care: «La mia famiglia e i miei amici erano tutti lì. Raggiungere uno dei miei sogni mi ha dato molta motivazione e fiducia per il futuro. Anche se gli ultimi due anni non sono stati i migliori della mia carriera, questo dimostra che, continuando a lavorare bene e circondandosi di persone giuste, tutto è possibile».

Allenarsi come veri atleti

In uno sport dove l’atleta è anche il cavallo, Schmitz sottolinea quanto sia fondamentale la preparazione fisica del cavaliere: «Mi alleno ogni giorno. Faccio venti minuti di stretching al mattino e venti alla sera, corro quando posso e faccio esercizi mirati per i punti critici dei cavalieri, come schiena e adduttori. Lo faccio per prevenire gli infortuni e migliorare la mobilità in sella».

E aggiunge un concetto interessante: «Essere troppo forti può essere uno svantaggio. Nel salto ostacoli bisogna saper dare segnali al cavallo nel modo più sensibile possibile. È meglio essere leggeri e agili».

Sguardo al futuro: “Los Angeles nel mirino”

Il sogno rimane lo stesso di quando era bambino: «Il mio obiettivo a lungo termine non è cambiato: voglio ottenere un buon risultato alle Olimpiadi. Per farlo devo trovare buoni cavalli e costruire una scuderia che mi permetta di raggiungere questo traguardo».

E la rotta è chiara: «Ora sono concentrato su Los Angeles. Se lungo il percorso avrò cavalli pronti per altri obiettivi, li affronterò, ma non voglio sabotare le mie possibilità per il grande sogno cercando altro nel frattempo».

Ph © MRT/Morgan Froment

A cura di Alessandra Ceserani

© Riproduzione riservata.

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